Uno studio di Transport & Environment analizza le implicazioni ambientali ed economiche dell’estensione dei biocarburanti sostenibili al settore automobilistico, evidenziando rischi legati alla disponibilità delle risorse, alla qualità dell’aria e alla dipendenza energetica dell’Europa.
Uno studio di Transport & Environment analizza le implicazioni ambientali ed economiche dell’estensione dei biocarburanti sostenibili al settore automobilistico, evidenziando rischi legati alla disponibilità delle risorse, alla qualità dell’aria e alla dipendenza energetica dell’Europa.

Biocarburanti sostenibili, l’industria chiede più spazio: il report di Transport & Environment solleva dubbi

Transport & Environment critica l’ipotesi di estendere l’uso dei biocarburanti sostenibili alle auto dopo il 2035: possibile squilibrio tra domanda e risorse disponibili.

L’inserimento dei biocarburanti sostenibili tra le opzioni ammesse per alimentare le auto a combustione oltre il 2035 torna al centro del dibattito europeo. Il tema è emerso con forza nei giorni precedenti al Consiglio UE, spinto da diverse associazioni di categoria dell’automotive e del comparto energetico. La richiesta – formalizzata in una lettera alla Commissione – è che i veicoli alimentati esclusivamente con carburanti rinnovabili possano essere considerati a emissioni zero, evitando così il blocco previsto dal regolamento europeo per le immatricolazioni di auto endotermiche. La proposta trova sostegno anche nel Governo italiano, tra i più attivi nel chiedere una revisione del quadro normativo. Tuttavia, secondo Transport & Environment (T&E), uno scenario di questo tipo comporterebbe una domanda di biocarburanti sostenibili tra le due e le nove volte superiore rispetto alle reali possibilità produttive del continente, aggravando la pressione su risorse già oggi limitate e in parte importate da mercati terzi.

Rischi di squilibrio tra domanda e offerta

L’analisi condotta da Transport & Environment segnala che i biocarburanti sostenibili – ottenuti da oli da cucina esausti, grassi animali e co-prodotti dell’olio di palma – sono già oggi impiegati in volumi significativi, soprattutto nei settori marittimo e aereo. In particolare, si stima che nel 2050 le sole esigenze di aviazione e navigazione richiederanno circa il doppio della quantità producibile in modo sostenibile. Estendere il loro utilizzo anche all’automotive comporterebbe, secondo T&E, una “sottrazione” di risorse ai comparti cosiddetti hard-to-abate, dove le alternative tecnologiche sono meno sviluppate. L’Europa importa attualmente oltre l’80% dell’olio esausto da paesi come Cina e Malesia, mentre il POME – un residuo dell’industria dell’olio di palma – è acquistato in quantità che superano il potenziale produttivo dichiarato. L’Italia, nello specifico, dipende per oltre il 90% da materie prime estere, provenienti in larga parte da Indonesia e Malesia. Il rischio segnalato da T&E è che un aumento della domanda possa amplificare la vulnerabilità energetica dell’UE e aumentare le probabilità di frodi lungo la filiera di importazione.

Impatti ambientali e qualità dell’aria

Oltre alle considerazioni di natura strategica, il documento solleva anche questioni legate alla qualità dell’aria. Pur essendo considerati rinnovabili, i biocarburanti sostenibili – una volta combusti nei motori – continuano a generare emissioni locali di inquinanti nocivi. Questo aspetto, secondo Transport & Environment, potrebbe vanificare parte dei benefici ambientali attesi. Per l’Italia, dove l’incidenza dell’inquinamento atmosferico ha già portato a tre procedure di infrazione da parte dell’UE, si tratta di un nodo rilevante. Il rapporto invita quindi a valutare con attenzione la destinazione delle risorse bioenergetiche, favorendone l’impiego nei settori in cui risultano davvero insostituibili. L’auto elettrica – si legge – rimane oggi la tecnologia più matura per la mobilità stradale a basse emissioni, mentre l’uso estensivo dei biocarburanti sostenibili rischia di produrre effetti contrari a quelli auspicati, sia in termini ambientali che industriali.

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