Caponi, FAI: il futuro dell’autotrasporto, radici nel territorio, sguardo all’Europa

FAI Intervista esclusiva a Carlotta Caponi, segretario generale

“Il mio primo pensiero ogni mattina, proprio come se fosse la mia azienda, è la FAI. Come segretario generale devo essere lì dove serve, vicino alle sedi territoriali FAI e vicino alle imprese che il territorio rappresenta. La forza della FAI è proprio il suo radicamento sul territorio. Abbiamo sedi che hanno 50-60 anni di vita, che sono il punto di riferimento di tante imprese. Sono molto orgogliosa del lavoro delle nostre sedi territoriali fondato sullo spirito di servizio”. L’intervista a Carlotta Caponi, sentita pochi giorni dopo il XXIII Congresso della Federazione, svoltosi a Bergamo il 13 e 14 giugno 2025, parte con una dichiarazione di forte legame con il territorio e di totale impegno per la Federazione di cui è segretario generale dal 1° marzo del 2022.

D’altro canto che la sua elezione fosse una scelta consapevole lo si poteva capire dal commento di Paolo Uggè, uomo FAI da sempre, che all’epoca dichiarò: “Carlotta è stata scelta per la competenza, l’alto profilo professionale e la dedizione che ne hanno contraddistinto il percorso all’interno del mondo associativo. Carlotta Caponi entra nella FAI nazionale con una robusta esperienza imprenditoriale e associativa nell’autotrasporto, che abbiamo già avuto modo di apprezzare”. Quello che segue è il resoconto della nostra conversazione.

“Questo è il ventitreesimo congresso della FAI – ci spiega Caponi – un’associazione che ha una lunga storia ricca di soddisfazioni, che si propone come aiuto alle imprese per andare incontro a un futuro sempre più incerto. La FAI c’è, questo è il nostro slogan, ma non è solo uno slogan, è la verità. In questo congresso abbiamo deciso di partire da uno studio affidato al Politecnico di Milano che non trattasse solo i quattro temi principali dei quali si è parlato al Congresso di Bergamo, ma che realizzasse anche un’indagine su quella che è la percezione dei nostri associati rispetto alla FAI. In una scala da 0 a 10, il grado di soddisfazione è di 8.3. Un ottimo risultato”. 

Carlotta Caponi, segretario generale della FAI, lei è attiva anche all’interno di un’azienda di autotrasporto, quella della sua famiglia? 

Oggi in azienda non più: ho l’onore di rappresentare la FAI nazionale e, fin dalla mia nomina quasi quattro anni fa, ho preso l’impegno con gli associati umbri di non lasciarli, anche se chiaramente non sono sola. Ho il supporto di una valida risorsa all’interno della segreteria della FAI Umbria, Francesca Girolamini, che si sta facendo apprezzare dagli imprenditori locali per la sua preparazione e l’impegno che sta dimostrando. L’azienda viene gestita da mio padre Carlo, mentre io la seguo da lontano. Ma è naturale mi abbia insegnato – e continui a insegnarmi – molto sul settore, con feedback costanti sul lavoro e sulle problematiche delle aziende di trasporto. Il ruolo di segretario della FAI in Umbria mi tiene in costante contatto con la realtà del territorio, con le imprese, con i loro dubbi e le sfide che ogni giorno affrontano.

La FAI chi rappresenta? Le piccole o le grandi imprese?

Abbiamo circa 8 mila imprese di tutte le dimensioni, dal monoveicolare alla grande flotta. Cito una frase del presidente Uggè, “chi ha un camion ha un problema, chi ha cento camion ha cento problemi”, ma i temi sono gli stessi: lo stato delle infrastrutture, i tempi di attesa al carico e allo scarico, i tempi di pagamento delle fatture, la carenza di autisti, le richieste sempre maggiori di rispetto nei confronti dell’ambiente, il nuovo bilancio di sostenibilità… e noi cerchiamo di dare un aiuto per risolverli. 

Il congresso nazionale della FAI

Prendiamo uno tra i problemi da lei elencati. La carenza di autisti.

Gli autisti mancano, ma le cause sono molteplici, sicuramente non solo i salari. Innanzitutto quello del camionista è un mestiere complesso, faticoso, che porta lontano da casa, con condizioni di vita disagiate. Ed è un mestiere che purtroppo oggi viene visto male dall’opinione pubblica. Per alcuni siamo ancora quelli brutti, sporchi e cattivi. Solo nella parentesi del Covid la nostra immagine è migliorata, poi però si è spenta la luce e siamo tornati quelli danno fastidio sulle strade. Poi, chiaramente, c’è anche il costo di patente e CQC, ma la causa principale della mancanza di giovani che vogliano salire su un camion è soprattutto il fatto che con questo lavoro la loro vita sarà comunque in parte compromessa. 

Abbassare l’età minima per il conseguimento di una patente professionale. 18 anni e alla guida di un camion, non è troppo presto?

Secondo noi no. Chiaramente, almeno per il primo periodo non alla guida da soli. Come Federazione abbiamo proposto al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti l’istituzione di una sorta di foglio rosa. Diciamolo, gli autisti mancano, ma è del tutto evidente che un imprenditore non affida volentieri un camion da 300-400 mila euro a un neopatentato, preferirà che ci sia un autista esperto ad affiancarlo. Però, finché non verrà recepita la direttiva che abbassa l’età per prendere la patente, avremo sempre un problema. I giovani usciti da scuola, anche volessero fare gli autisti, devono aspettare un paio di anni prima di potersi mettere al volante di un camion. E così molti scelgono altri lavori.

Potrebbe aiutare anche una semplificazione per l’ottenimento della CQC. Oggi c’è un corso di formazione di 140 ore svolto soltanto in lingua italiana, con test molto complessi che andrebbero rivisti alla luce del mondo che cambia. Per fare un solo esempio, non è necessario che si studi nel dettaglio il motore del camion quando oggi, con tutta l’elettronica presente a bordo, le mani sul motore le possono mettere solo gli esperti delle Case. Facciamo piuttosto più ore di pratica di guida. E poi, rendiamo questo mestiere più comodo e sicuro per uomini e donne, migliorando la qualità e la sicurezza delle aree di sosta. Camionisti e camioniste devono poter viaggiare sapendo che troveranno un posto dove fermarsi per la notte e riposare in tranquillità. Nelle condizioni attuali in molte aree di sosta io avrei paura a dormire. 

La mancanza di aree di sosta adatte a camion e camionisti è un problema, e non solo in Italia. Ma i progetti per la costruzione di nuovi parcheggi non sembrano decollare…

C’è un progetto dell’Albo degli autotrasportatori, ma hanno partecipato in pochi. Ci sono delle aree di sosta che stanno sorgendo alla spicciolata. C’è il progetto Nection (del Gruppo Padrosa, un’azienda spagnola di servizi logistici e di trasporto, n.d.r) nel quale noi crediamo, perché nasce dal know-how di un imprenditore che decide di realizzare 48 parcheggi in Europa, uno ogni quattro ore e mezzo di guida. È chiaro che non saranno sufficienti, però quantomeno c’è dietro un’idea, un progetto intelligente, e cioè che potenzialmente il camionista ogni quattro ore e mezzo si potrà fermare in un’area di sosta fatta su misura per le sue esigenze. Non è la soluzione definitiva, ma c’è finalmente un’attenzione specifica sull’autista e sull’impresa di autotrasporto. 

Un’altra coppia di problemi che colpisce sia l’autista sia l’imprenditore è quella delle attese al carico e allo scarico e del ritardo nel pagamento delle fatture. Eppure le leggi in Italia ci sono, ma è difficile farle rispettare.

Sì, tante imprese, e anche alcune associazioni, dicono che ci vorrebbe un automatismo, che non è facile farsi pagare le ore di attesa al carico e allo scarico o puntare il dito contro un committente, anche quando non paga nei tempi di legge. L’associazione però deve fare il suo mestiere, deve dialogare con il governo e contribuire alla scrittura di norme corrette. Poi è l’imprenditore che deve comunque farsi valere. In Spagna c’è un sistema che funziona, una black-list di chi non paga le fatture nei tempi giusti. È un deterrente che ha funzionato, i tempi di pagamento si sono sensibilmente accorciati. 

Tempi di pagamento corretti sono necessari, ma è anche fondamentale che i committenti paghino il giusto perché l’azienda di autotrasporto possa coprire i costi, garantire la sicurezza, gli stipendi degli autisti e un giusto utile finale. Eppure molti viaggiano a tariffe molto basse, non ci si chiede come fanno?

Lavorare sotto i costi minimi è un errore, e chi lo fa senza problemi molto probabilmente è uno dei concorrenti sleali che combattiamo. Ce ne sono di tutti i tipi, dai peggiori, quelli organizzati in criminalità, a quelli che vivono un po’ nel grigio, cercando di fare affari pagando il meno possibile e facendo pagare il meno possibile.

Carlotta Caponi con Umberto De Pretto, segretario generale di IRU, International Road Transport Union

Aziende sane che guadagnassero il giusto forse neanche avrebbero bisogno di incentivi statali per il rinnovo delle flotte… 

Gli incentivi però, per quanto esigui ed effettivamente erogati in tempi lunghi sono importanti, soprattutto ora che viene richiesto dai nuovi standard europei di investire così tanto e così velocemente. Se noi dobbiamo abbattere le emissioni, se dobbiamo rinnovare i mezzi, gli incentivi sono necessari.

Ritorno ai confronti istituzionali che le associazioni dell’autotrasporto devono avere. Da una parte il Governo, dall’altra i sindacati. Con questi ultimi vi siete incontrati spesso nel 2024 per il rinnovo del CCNL. Continuate a confrontarvi con loro anche ora?

Sì, i sindacati li sentiamo costantemente sia sul territorio sia a livello nazionale, perché sono tante le questioni che possono e devono essere affrontate insieme a loro. Innanzitutto sul territorio, soprattutto dopo che abbiamo inserito la nuova modalità di verifica della discontinuità del lavoro dell’autista. C’è necessità di un dialogo costante con i sindacati. E la FAI ritiene che un rapporto corretto con il sindacato possa fluidificare anche il dialogo con i nostri dipendenti. Sono passati i tempi delle barricate, è passato il tempo del conflitto tra padrone e lavoratore. Dobbiamo fare squadra. Noi il nuovo contratto abbiamo deciso di andare a illustrarlo ai nostri imprenditori. Abbiamo organizzato 18 assemblee sul territorio in 40 giorni, da nord a sud, abbiamo incontrato circa 1.200 imprese e illustrato le innovazioni e tutto quello che, secondo noi, c’è di buono in questo contratto. Ad alcuni di questi incontri hanno partecipato anche i segretari nazionali di FILT CGIL, FIT CISL e UIL Trasporti: un bel segnale di apertura verso una nuova dialettica e un nuovo modo di confrontarsi. Una sorta di alleanza tra datori di lavoro e lavoratori, perché alcuni temi come per esempio i tempi di attesa al carico e allo scarico migliorano sia le condizioni di vita dell’autista sia la redditività delle aziende, e sono azioni che possono certamente essere portate avanti insieme al sindacato. 

E gli incontri con il Governo? All’inizio, con il ministro Salvini, si erano pianificati confronti costanti. 

Potrebbero essere più frequenti, ma c’è da dire anche che, obiettivamente, il Ministero sconta una importante carenza di personale. E la perdita a gennaio di quest’anno della dottoressa Maria Teresa Di Matteo, Capo del Dipartimento per i trasporti e la navigazione, e poi qualche settimana fa dell’ingegner Vito Di Santo, capo della Direzione generale per la sicurezza stradale e l’autotrasporto, comportano una non facile riorganizzazione degli uffici. Comunque gli incontri che abbiamo avuto finora con il ministero hanno fruttato le nuove regole sui tempi di pagamento e sui tempi di attesa al carico e allo scarico. È stato approvato il fondo per il rinnovo del parco veicolare, abbiamo dialogato per quel che riguarda il nuovo Codice della Strada, anche se la questione della sospensione breve della patente, a nostro parere, necessita di un ripensamento. 

In conclusione, un problema pressante per le imprese di autotrasporto che vuole sottolineare? 

Ne cito uno che è davvero da risolvere presto: la carenza di autisti, le persone indispensabili che guidano i nostri camion. Quando i più anziani saranno in pensione non ci sarà chi li sostituirà. Una soluzione parziale potrebbe essere sia l’abbassamento dell’età minima per la guida di un camion sia dare la possibilità a chi volesse, essendo fisicamente in grado e con controlli medici più frequenti, di continuare a guidare fino a 70 anni. E stiamo lavorando a un progetto pilota insieme all’IRU, con l’obiettivo di portare mano d’opera specializzata straniera in Italia, formandoli prima nel Paese di provenienza e poi anche, in una successiva fase, in Italia. Riguardo a questo progetto abbiamo avuto una lettera di endorsement da parte del ministero del Lavoro.

BIO

Carlotta Caponi è un’esperta di autotrasporto e relazioni sindacali. Dal 2022 ricopre l’incarico di Segretario Generale della FAI – Federazione Autotrasportatori Italiani.

Laureata in Economia Aziendale, è riconosciuta a livello europeo come esperta nel trasporto di animali vivi, grazie anche all’esperienza diretta maturata nell’azienda di famiglia, attiva da generazioni nel settore. È membro dell’Albo Nazionale degli Autotrasportatori e ha approfondito nel tempo tematiche legate all’organizzazione aziendale, alla sicurezza e alla consulenza tecnica nel settore dei trasporti. Parallelamente all’attività nel settore privato, ha ricoperto diversi incarichi in ambito pubblico e associativo, maturando una solida esperienza nella gestione amministrativa e nella promozione dello sviluppo economico locale. Ha iniziato la sua carriera nel 2006 rappresentando la FAI a livello internazionale presso l’IRU. È stata inoltre Consigliere Camerale della Camera di Commercio di Perugia dal 2014 al 2019. Nel corso degli anni ha sviluppato così competenze di alto livello nella gestione politico-sindacale, nella formazione professionale e nella rappresentanza istituzionale, sia in ambito nazionale che internazionale.

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