L’Italia è leader nel mercato europeo degli autobus, ma la sua produzione è ormai quasi del tutto delocalizzata. È questo uno dei principali dati che emergono dall’analisi condotta dalla società di consulenza Basco&T Consulting, che ha incrociato le ultime statistiche ACEA e ANFIA per tracciare un quadro aggiornato.


Con oltre 100.000 autobus in circolazione, 6.594 nuove immatricolazioni nel 2024 e una crescita del 26,7 per cento rispetto all’anno precedente, l’Italia continua a essere un attore chiave nella mobilità collettiva europea. Nel 2024 è stato il Paese europeo con il parco più numeroso, davanti a Francia, Germania, Polonia e Spagna. Nello stesso anno sono stati immatricolati 45.867 autobus in Europa, il 14,8 per cento in più rispetto al 2023. I cinque principali mercati per volumi sono: Regno Unito, Italia, Francia, Germania e Spagna. Questi cinque Paesi rappresentano complessivamente il 67,4 per cento delle immatricolazioni dell’intero continente.
Nel mercato italiano il marchio con il maggior numero di immatricolazioni è stato nel 2024 IVECO BUS, con 2.930 unità, pari al 44,4 per cento del totale. Seguono Mercedes-Benz con 878 unità, Solaris con 551 unità, Otokar con 314 unità e Menarini con 285 unità. Tuttavia, dietro questi numeri si nasconde una realtà più complessa: l’Italia ha perso quasi del tutto la propria capacità produttiva nel settore, mentre i grandi costruttori hanno scelto di investire altrove. Un caso emblematico è quello di IVECO BUS che ha focalizzato la propria capacità produttiva all’estero, con impianti situati ad Annonay (Francia) e Vysoké Mýto (Repubblica Ceca). Solo recentemente si intravedono segnali – deboli, ma significativi – di rilocalizzazione industriale, con l’attivazione di un nuovo polo a Foggia, una linea dedicata all’assemblaggio di autobus, sostenuta dagli investimenti del PNRR. È una dinamica che non riguarda solo gli autobus: il comparto automotive in generale sta vivendo una progressiva erosione di capacità produttiva e competenze strategiche, ed è una tendenza che rischia di compromettere il futuro industriale del Paese.
Menarini (ex Industria Italiana Autobus), parte del gruppo Seri Industrial, mantiene la produzione sul territorio nazionale, con stabilimenti operativi a Bologna e Flumeri. La società, impegnata nello sviluppo di autobus elettrici in sinergia con FIB S.p.A., è attualmente al centro di una trattativa per la cessione del 25 per cento al gruppo cinese Geely. Altre realtà italiane hanno mantenuto una presenza industriale, come nel caso di Rampini Carlo S.p.A., con sede e produzione a Passignano sul Trasimeno, specializzata in autobus elettrici e a idrogeno di piccole e medie dimensioni.
“Oggi l’Italia resta un mercato fondamentale per la domanda di autobus, ma ha rinunciato al proprio ruolo di produttore. Se non si interviene presto con una visione industriale chiara, rischiamo di perdere definitivamente competenze e capacità manifatturiera”, commenta Edoardo Tartaglia, Managing Partner di Basco&T Consulting. Con questa analisi intendiamo aprire una riflessione sulle politiche industriali del sistema Italia: possiamo ancora agire per cambiare rotta? Abbiamo il tempo, le competenze e soprattutto la volontà politica per riportare la produzione al centro del nostro modello industriale?