Ryanair: la rivoluzione low cost entra in una nuova fase

Intervista a Mauro Bolla, country manager per Italia e Medio Oriente.

Nessun allarme per Ryanair. I dati relativi al primo trimestre d’attività – una doccia fredda in un’estate improvvisamente calda – avrebbero messo in ansia qualsiasi Ceo. Capacità di riempimento voli scesa dell’1 per cento rispetto a giugno 2023, -15 per cento di tariffa media, +11 per cento di costi operativi, con profitti praticamente dimezzati: 360 milioni di euro, contro i 663 del corrispettivo trimestre dello scorso anno. Ben altro, però, occorre per scuotere le certezze di un visionario come Michael O’Leary, capace di spingersi sempre oltre la linea dell’orizzonte e adattarsi rapidamente alle rivoluzioni del mercato. Perché a oltre 20 anni dal lancio del modello “low cost”, e in vista di un inverno carico di nuove incertezze, qualcosa sta indubbiamente cambiando nella abitudini dei passeggeri e nelle possibilità di sviluppo delle compagnie aeree europee. A spiegarcelo, Mauro Bolla, country manager Ryanair per l’Italia e il Medio Oriente.

L’estate avrebbe dovuto portare a un rilancio delle tariffe di volo, ma quest’anno l’attesa è stata vana. Cos’è accaduto e, soprattutto, cosa aspettarsi per i mesi a venire?

Partiamo innanzitutto da una certezza. A fronte di alcuni indici negativi, i volumi di Ryanair sono cresciuti ancora una volta. E non di poco: da 50.4 milioni registrati a giugno 2023 a 55.5 a giugno 2024. Come ha candidamente ammesso O’Leary, non sappiamo dare una risposta esaustiva alla contrazione delle tariffe, perché i fattori che stanno destabilizzando il mercato sono oggi molteplici e complessi. Quello su cui dobbiamo concentrare l’attenzione è invece la sensibile crescita della compagnia in nuovi mercati rispetto ai competitor, in Albania ad esempio: risultato non scontato proprio perché basato su una sfida di prima penetrazione. Il potenziamento è avvenuto però anche in Italia, con una nuova base operativa a Trieste, un nuovo volo su Olbia, un’altra base operativa a Reggio Calabria: pietra miliare nella storia del Paese, visto che nessun vettore low cost ha mai puntato sull’unica città metropolitana della Regione. All’elenco possiamo aggiungere pure l’inaugurazione dell’aeroporto di Salerno. Tanti mercati che, inevitabilmente, richiedono tempo per consolidarsi, in particolare in un anno in cui le tariffe paiono destinate a mantenersi più basse del 5-10 per cento rispetto alla media: un margine che non preoccupa Ryanair perché la compagnia ha raggiunto ormai un livello di sviluppo tale da consentire la compressione dei profitti, potendo fra l’altro contare su costi operativi molto bassi. Basti un esempio: escluso il parametro fuel, il costo per passeggero di Ryanair è oggi di 33,70 euro contro i circa 45 di EasyJet nel pre-Covid, salito successivamente a 47, o di altri competitor passati addirittura da 79 a 80 euro. Mentre tutti aumentano, la nostra compagnia si avvantaggia soprattutto di una contrattazione differente degli ordini della propria flotta. Quando nessuno comprava i Boeing 737-800, ed è bene ricordarlo, noi ci siamo fatti avanti ottenendo ottimi riscontri economici; analogamente è accaduto con l’acquisto di Boeing 737-8200, di cui abbiamo ordinato ben 210 nuove unità, o con le 300 del 737 Max 10. Ringiovanire la flotta, per noi, significa innanzitutto avere un parco aerei più efficiente (-40 per cento di inquinamento acustico per i modelli 8200 sugli 800), in grado di consumare meno, con costi minori di manutenzione e per passeggero.   

Efficienza e sostenibilità stridono non di rado sul piano dei costi, tant’è che alcune compagnie sono impegnate a convincere i propri passeggeri dell’inevitabilità di un ritocco delle tariffe, a fronte di voli più green. In che modo Ryanair riesce a contenere questa tendenza, o comunque a non farla gravare unicamente sul passeggero?

L’innovazione della flotta resta il nostro primo e principale strumento di abbattimento costi, ma esistono altre risorse, come i bassi costi strutturali che si traducono poi in capacità di produzione a basso costo e, in definitiva, in tariffe contenute. Abbiamo inoltre l’opportunità di investire nei Saf, i Sustainable Aviation Fuel, garantendoci la loro fornitura a minor costo grazie ad accordi a lungo termine e partnership speciali. Con Eni, ad esempio, l’obiettivo è raggiungere in Italia le 100mila tonnellate fra il 2025 e il 2030. Abbiamo poi avanzato solleciti ai governi europei per la creazione di una rete d’approvvigionamento vantaggiosa, ma spingiamo pure sul “retrofitting” di ben 400 aerei in flotta, puntando ad aggiungere “scimitarre” sulle ali mediante cui ottimizzare i consumi in volo. Altra risorsa è rappresentata dall’integrazione dell’Air Traffic Control: questa tecnologia permette di razionalizzare le rotte quando, per via degli scioperi nazionali, gli aerei in servizio sono costretti ad allungare i propri percorsi. Un’integrazione sistematica dei controlli di volo sarebbe quanto mai benvenuta in Europa: anche in questo caso abbiamo scritto diverse lettere a Bruxelles a favore di una riforma europea del sistema Atc. Infine possiamo far pressione su adeguamenti delle tasse d’aviazione, parte delle quali, talvolta, sono solo anomalie nazionali: in Italia abbiamo addizionali comunali che, in pochi anni, sono salite da 1 a 9 euro (come a Venezia), ma sono state pure assorbite da Regioni come il Friuli Venezia Giulia o la Calabria, grazie al nostro intervento per meglio tutelare la capacità di volo dei passeggeri. Questi “atti di fiducia” da parte delle Regioni vengono quindi ripagati dalla nostra compagnia col lancio di nuove basi operative di lungo termine, come capitato a Trieste e a Reggio Calabria. Anche quando le tasse sono state rimosse in periodo Covid per gli scali sotto il milione di passeggeri, Ryanair è stata la prima, e talvolta la sola, ad affacciarsi lanciando nuove rotte. Per mantenere basso il costo di un biglietto occorre dunque dar la possibilità all’operatore di mantenere un costo basso per unità. Non è un caso, d’altra parte, che il boom delle compagnie low-cost sia dipeso dalla deregulation del mercato europeo: più che i costi dei singoli aeroporti, per noi sono più importanti quelli del sistema-Paese. Spagna e Grecia, da questo punto di vista, sono mercati più vantaggiosi dove investire è più semplice, proprio perché non gravati da addizionali come l’Italia. 

Come tipo d’interventi sta sostenendo Ryanair sulla propria flotta e com’è oggi ripartita?

Quest’anno siamo operativi con circa 600 aerei e arriveremo a superare il record di 3.300 voli al giorno raggiunto nel 2023: il nuovo obiettivo è 3.500. L’Italia sta giocando un ruolo chiave in questa nuova affermazione, visto che rappresenta un mercato in crescita esponenziale e gode della presenza di ben 103 aerei sul proprio territorio. Nel 2019 contavamo fra i suoi confini 67 aeromobili in servizio e 29 aeroporti, con 14 basi operative e una capacità complessiva di trasporto di 40 milioni di passeggeri. Oggi gli aerei in servizio sono saliti appunto a 103, gli aeroporti sono 32 e 19 le basi operative, risorse grazie alle quali movimentiamo oltre 60 milioni di passeggeri. Il Belpaese è dunque un mercato su cui Ryanair intende investire in modo consistente per i prossimi 10 anni, gestendo complessivamente 800 aerei su cui trasportare 300 milioni di passeggeri. Escludiamo però sviluppi su mercati di lungo raggio, dal momento che verrebbe meno la possibilità di operare come vettore low-cost per via di condizioni non favorevoli, fra cui l’indisponibilità di quick turnaround, di rifornimento catering rapido, di cambio equipaggio agevole o sbarco sollecito dei passeggeri. 

Che ruolo avrà in futuro lo scalo di Bergamo Orio al Serio, dopo esser stato lanciato nel panorama europeo da Ryanair e aver raggiunto record di profittabilità?

Possiamo tranquillamente definire Bergamo il terzo aeroporto italiano dopo Roma Fiumicino e Milano Malpensa, un riferimento non solo per Ryanair, ma per un crescente numero di compagnie europee e internazionali. Merito di un management responsabile e lungimirante, insieme al quale siamo riusciti a crescere costantemente dal nostro insediamento nel 2004 a oggi. Quest’estate lo scalo ha collegato oltre 100 destinazioni solo attraverso i voli della nostra compagnia, che in loco basa 22 aerei e dispone di 5 hangar, due dei quali inaugurati poco più di un anno fa per un investimento complessivo di 50 milioni di euro. Una mossa altamente strategica, perché consente di aumentare le attività manutentive e ottimizzare l’uso dei nostri aeromobili, senza dover ricorrere a parti terze, formando al contempo il personale tecnico direttamente in house. Lo scorso aprile abbiamo infatti investito ulteriori 10 milioni di euro nella creazione di una Aircraft Engineering Academy, cui se ne sono aggiunti altri 10 a settembre: oggi sono in corso di formazione 200 studenti, ma nel 2025 diventeranno 300, con l’obiettivo di trasformarsi in meccanici qualificati, oltre che in ingegneri B1 e B2 grazie alla possibilità di corsi svolti direttamente su aeromobili executive parcheggiati negli hangar. Un corso formativo che risulta un lavoro a tutti gli effetti e apre direttamente la strada per qualificarsi come ingegneri aeronautici integrabili in compagnia, col non trascurabile vantaggio di stipendi da 90mila euro all’anno. Bergamo può considerarsi dunque un polo d’eccellenza non solo dei trasporti, ma anche della formazione e, grazie a questa capacità di investire nel futuro, non potrà che rafforzarsi e crescere ulteriormente nel contesto europeo. Oltre all’Aircraft Engineering Academy abbiamo attivato anche una Future Flyer Academy per la cabin crew, attraverso la quale è possibile specializzarsi nel ruolo di pilota commerciale, offrendo in tal modo alla compagnia un ampio bacino a sostegno dei grandi investimenti di flotta previsti per i prossimi anni. 

Quali differenze sono venute a delinearsi nell’arco degli ultimi 20 anni nell’identikit del passeggero italiano e quale sarà il nuovo profilo che vedremo volare su Ryanair nei prossimi anni?

Quando trasporti 60 milioni di passeggeri in Italia, come fa oggi Ryanair, stai di fatto trasportando l’intero Paese: possiamo dire di avere a bordo qualsiasi tipologia di viaggiatore. La grande rivoluzione compiuta dalla nostra compagnia è proprio questa: essere riusciti a democraticizzare il volo grazie a tariffe low-cost, ma a ‘sgrassare’ anche un modello di trasporto anni ’80-’90, a favore di un approccio più funzionale ed efficace: abbiamo capito che non serve portare tanto bagaglio, che il catering non è qualcosa di irrinunciabile. Il miglioramento dell’accessibilità, raggiunto anche attraverso questi piccoli cambiamenti di abitudini, ha restituito nel tempo un dono ben maggiore. La percezione di un’Europa come casa comune dove poter studiare, lavorare o muoversi liberamente, perché facilmente accessibile. Ecco perché l’Italia dovrà continuare a investire in un’idea di Sistema-Paese a forte vocazione turistica, puntando in primis a rimuovere le addizionali comunali: maggiore sarà la sua capacità di movimentazione, maggiori saranno i risparmi sui costi e il vantaggio di poter disporre di collegamenti che, per ragioni geografiche, non sono strutturabili via ferro o gomma. Seguendo questa linea di sviluppo, l’Italia accrescerà sicuramente la sua competitività rispetto ad altri Stati europei, ottenendo una rete di collegamenti ancor più ampia e vantaggiosa. 

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