Intervista a Giancarlo Vaccari presidente sezione trasporti con silos di ANITA
Silos, dal greco antico σιρός (siròs), “fossa scavata nella roccia profondamente, dove in alcuni luoghi si conserva il grano meglio che ne’ magazzini”. Una parola entrata nell’uso comune in italiano, dice l’Accademia della Crusca, per indicare una “costruzione a torre, perlopiù cilindrica, per immagazzinare cereali, foraggi e altri prodotti”. E che il grano e i cereali in generale siano stati fin dall’inizio il contenuto originario e principale dei silos classici è un dato di fatto. Ma lasciamo l’accademia e scendiamo su strada. Oggi i silos sono la soluzione giusta per contenere in maniera sicura ed efficace tanti altri tipi di prodotti, solidi e liquidi. E oltre a stare fermi per lo stoccaggio delle merci, i silos viaggiano trasportati in treno, in nave, e tanto anche in camion. Nel nostro viaggio alla scoperta delle sezioni di specializzazione di ANITA siamo giunti al capitolo del trasporto in silos. La persona da sentire a questo proposito è Giancarlo Vaccari, da oltre dodici anni presidente della sezione, oltre che titolare della Vaccari Global.
Giancarlo Vaccari per ogni prodotto da trasportare si deve impiegare un silo specifico o si possono utilizzare per più prodotti?
Alcuni prodotti sono compatibili e si possono trasportare con lo stesso silo, previo lavaggio. Altri prodotti non sono assolutamente compatibili e così abbiamo silos che contengono solo cementi, oppure solo rifiuti, o alimentari. Ormai è richiesta la minore compatibilità possibile e un’alta specializzazione, per evitare l’inquinamento dei prodotti. Se si trasporta, ad esempio, del pvc, non si può certo accettare di trovare tracce di sporco dentro la cisterna, magari di sabbia o di altri prodotti, e viceversa.
L’incompatibilità è assoluta per il trasporto di alimentari?
Sì, ad esempio per quelli utilizzati per stivare e trasportare la farina che va poi, in tante forme diverse, sulle nostre tavole. Invece c’è la possibilità di compatibilità tra alimenti per la zootecnia. Mi riferisco ad esempio alle farine di anatra, farine di coniglio o di pesce per fare le crocchette per i nostri animali domestici e i mangimi per quelli da allevamento.
Con i silos si possono portare anche liquidi?
Certo, ma naturalmente hanno caratteristiche diverse rispetto ai silos che trasportano il secco, e all’interno del settore si differenziano ulteriormente se si tratta di liquidi non alimentari o alimentari, come l’olio o il vino ad esempio.

Vaccari, perché i silos hanno una forma arrotondata?
Perché è l’unica forma di contenitore che permette una facile fuoriuscita del prodotto, sia sollevandosi con l’aiuto di un pistone davanti sia con l’azione di un compressore che spinge il contenuto verso l’alto. Ovviamente i prodotti liquidi fuoriescono facilmente per caduta, basta inclinare il silo e la gravità svolge il suo compito. È invece nel caso dei materiali cosiddetti pulvirenti o delle plastiche che c’è bisogno del compressore che spinge aria all’interno e scarica il contenuto creando un vortice. Il silo è uno degli allestimenti più utilizzati per lo scarico di materie sfuse. È anche il più comodo e il più adatto, quello che dà la maggiore sicurezza che il prodotto non venga contaminato da fattori esterni, perché sopra il silo ci sono delle botole che servono per introdurre il carico, ma che alla fine dell’operazione sono chiuse e sigillate. Sono una buona alternativa ai container.
Silos di forme e dimensioni diverse che poi bisogna montare su un trattore. Sono necessari degli adattatori?
I trattori stradali hanno delle misure standard ma devono avere installato un compressore per lo scarico e possono portare silos di diverse lunghezze. Ci sono anche situazioni in cui si impiegano i silos dei clienti, perché sono certamente dei contenitori molto comodi, da poter stoccare anche in verticale, risparmiando spazio nei magazzini o sui piazzali.
Con i silos si trasportano anche materiali chimici pericolosi. E con questi materiali passiamo quindi al capitolo ADR?
Viaggiano seguendo il regolamento ADR soprattutto prodotti liquidi, solventi e materiali per aziende chimiche. Con i silos si trasportano anche rifiuti in ADR. Quelli della classe 9 di solito, o le polveri di abbattimento dei fumi prodotti dagli inceneritori e trasportate in silos verso i centri di trattamento o verso le discariche, soprattutto all’estero, perché in Italia di discariche per i rifiuti pericolosi ce n’è una sola.

Giancarlo Vaccari, lei è presidente della sezione di specializzazione di ANITA. C’era bisogno, di una sezione interamente dedicata ai silos?
Questo è il mio terzo mandato, sono presidente della sezione di specializzazione da dodici anni. ANITA rappresenta varie tipologie di trasportatori. Ogni sezione nel proprio ambito porta avanti le sue tematiche specifiche, ma anche quelle generali, comuni a tutti i tipi di trasporto. Ovviamente noi abbiamo problematiche diverse da chi, per esempio, carica e scarica container ai porti o consegna alla GDO. Ma le tematiche che ci accomunano non mancano, penso agli sconti autostradali, agli incentivi per il rinnovo del parco e a tanto altro.
Tutte tematiche generali gestite poi a livello centrale da ANITA…
Certo. Tanti sono gli argomenti discussi a livello globale. Ma anche i temi trattati dalle sezioni di specializzazione sono poi portati a un livello più alto nell’associazione. Ed è lì che si decidono le linee guida per il futuro. Un contatto fondamentale quello tra sezioni e direttivo generale, perché si trattano i temi generali senza dimenticare le esigenze delle sezioni specializzate.
Quante aziende all’interno di ANITA trasportano con i silos?
Non conta il numero delle imprese quanto i volumi che esse movimentano. Le realtà aziendali associate ad ANITA sono quelle medio-grandi, spesso anche con un centro logistico da gestire.
Lei è da molto tempo in questo settore. C’è stata un’evoluzione tecnica o un’evoluzione normativa?
L’evoluzione è spinta spesso dalle richieste dei nostri committenti. Tanti sono multinazionali e sono abituati a chiedere a noi trasportatori un’affidabilità, una qualità del servizio e un’attenzione alla sicurezza che ormai sta diventando maniacale. Ogni anno l’asticella si alza sempre di più, perché cambiano le normative, e perché cresce anche la sensibilità ambientale. Queste aziende per entrare nei loro siti chiedono come minimo una flotta Euro 6. E poi naturalmente ci vuole personale formato, per la sicurezza di tutti.

Mi sembra giusto che i committenti vi spingano a essere sempre più virtuosi, però ci sembra anche giusto che i committenti paghino correttamente.
È difficile farsi pagare il giusto. Il costo del lavoro incide per il 30 per cento sul TCO, e aumenta per tanti motivi. Perché non si trovano gli autisti, perché il rinnovo del contratto ha previsto un aumento del salario, per il tasso di inflazione. Salgono anche i prezzi dei pezzi di ricambio, delle gomme, dei pedaggi autostradali, i costi degli stessi veicoli. Dal 2021 ad oggi il costo di un camion è aumentato in media di circa il 7-8 per cento all’anno. Oggi il camion che pagavamo 100 mila euro solo tre o quattro anni fa, costa il 30 per cento in più. L’autotrasporto fatica a farsi pagare il giusto. I costi continuano ad aumentare ma spesso i nostri committenti non riescono a farsene una ragione.
Non è una bella situazione. Da una parte escono più soldi, dall’altra ne entrano meno di quanti servirebbero. Ci sono però questi famosi costi di riferimento che pubblica il Ministero. Forse un’indicazione che non sempre viene rispettata e che forse non è neanche sufficiente.
Mi perdoni, è un’indicazione che non serve a nulla. Non tiene conto né della struttura, né dei costi, né degli investimenti di un’azienda, e neanche dei settori nei quali l’azienda opera. Se nel mondo delle plastiche un carico può valere 50-60 mila euro, un carico di cemento può avere un valore dieci volte più basso. Ci sono delle responsabilità economiche molto diverse, e diversie tipologie di trasporto dovrebbero essere pagate in maniera diversa, questo è chiaro.
BOX
DIGITALIZZAZIONE, LO STRUMENTO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE CHE SERVIREBBE
Parlando con Giancarlo Vaccari, i temi e le idee scorrono rapide parlando del settore nel quale lavora la sua azienda, la Vaccari Global, quello dei trasporti con i silos. La conversazione spazia a tutto campo e non è possibile evitare di trattare le nuove sfide che le aziende di autotrasporto devono affrontare, prima tra tutte quella della digitalizzazione. “Il problema – ci spiega l’imprenditore – non è se volere la digitalizzazione o non volerla, perché sicuramente è un passo obbligato che tutte le aziende strutturate devono compiere. Se questo passo richiede importanti investimenti, ho rilevato che si fa fatica a trovare, nell’ambito del trasporto, programmi specifici per il nostro settore, per fare il salto di qualità. Faccio un esempio. Nel nostro piccolo abbiamo destinato circa 50 mila euro alla digitalizzazione, senza avere però un vero strumento di intelligenza artificiale che ci supporti. Non esiste un’intelligenza artificiale che ci dia il via libera quando si tratta di accettare o no un certo viaggio, valutandone termini economici, redditività, tempistiche o supporto logistico”. Secondo Vaccari questo è un grave problema che prima o poi deve essere risolto. E dà l’idea di come in molte realtà si stia ancora lavorando con sistemi di pianificazione antiquati.
“Il povero logistico, il disponente, sta ancora operando come dieci o venti anni fa”, continua Vaccari. “Chiama l’autista, gli dice dove deve andare, guarda un planning in base ai viaggi già messi in calendario ed è solo la sua esperienza che fa sì che riesca ad ottimizzare i tempi di guida e di riposo, il primo punto da considerare secondo la legge 561. Tanti gli elementi da mettere insieme: i tempi di guida, le pause, gli orari di carico e scarico e il cosiddetto tempo di impegno massimo durante la giornata, le famose 13-14 ore, perché poi per 10-11 ore l’autista deve giustamente riposare. Oggi abbiamo tutti gli strumenti che indicano quanto tempo ci vuole per arrivare, abbiamo tutte le mappe digitali e satellitari, tutte le informazioni sul traffico… Ma il necessario passo successivo deve essere una intelligenza artificiale che dia un vero supporto al logistico, per aiutarlo ad individuare la miglior soluzione in quel dato momento, per quel dato mezzo e quell’autista. E per la redditività dell’azienda. Alla Vaccari Global stiamo selezionando persone laureate in informatica che possano dare questo supporto alla attuale nostra prima linea di disponenti. Ma è un investimento economico che si può affrontare solo se c’è una solida struttura, un volume di traffico e un fatturato consistente e costante, oltre naturalmente a clienti che abbiano bisogno di questo grado di precisione e efficienza”.

BIO
Giancarlo Vaccari, anno di nascita 1961, studi di ragioneria “quelli di una volta, belli tosti”. Figlio d’arte, famiglia di imprenditori e di trasportatori, il padre Giovanni iniziò negli anni ‘60 con un solo camion, avanzando passo dopo passo. “Una volta si poteva fare, si cresceva un po’ alla volta, con tanti sacrifici e tante ore di lavoro. Mio padre abitava vicino a Carmignano, in zona Montecchio, trasportava il materiale proveniente dalle cave. Si estraeva la ghiaia dal Brenta: i suoi camion hanno contributo alla ricostruzione del Polesine trasportando soprattutto materiali inerti. Facevamo anche il trasporto dei tronchi, nella zona di Asiago”. Giovanni Vaccari per il figlio Giancarlo avrebbe preferito una carriera in banca.
“Ma non l’ho voluto ascoltare e ho scelto di continuare la sua attività insieme a mio fratello Simone, purtroppo scomparso a soli 40 anni”. I fratelli Vaccari hanno lavorato con il padre fino al 1993, poi c’è stato un passaggio di consegne. “Nostro padre ha continuato nel suo settore di specializzazione non solo trasportando ma anche diventando produttore e commercializzando di inerti”. Da quel momento la Vaccari è cresciuta nel settore degli inerti e poi, con il nome di Vaccari spa, ha ampliato l’attività al settore dei rifiuti, anche lavorando per i cantieri che scavavano la galleria di Sasso Marconi. “In pochi anni siamo molto cresciuti diversificando. Oggi la Vaccari Global ha un centinaio di veicoli, per un centinaio di autisti, centocinquanta tra silos e ribaltabili e una ventina di dipendenti tra disponenti, amministrativi, meccanici. Lavoriamo per il 50 per cento in Italia e per il 50 all’estero, in Francia, Germania, Austria, Spagna”.