Gruppo Grendi: l’Italia intermodale può accogliere anche le megaship

Intervista a Costanza Musso, amministratrice delegata Gruppo Grendi

La Sardegna ridisegna gli equilibri della logistica italiana, ma anche e soprattutto europea. Se il successo del progetto di trasporto integrato Bibbiena-Marina di Carrara-Cagliari è la più recente dimostrazione di cosa significhi fare intermodalità fra i confini nazionali, oggi la visione del Gruppo Grendi si spinge ancora più in là. Per certi versi ricorda quella di Alberto Ferrero della Marmora, il più grande esploratore della Sardegna che fu autore di opere miliari come “Voyage en Sardaigne” (1826), o “L’istmo di Suez e la Stazione Telegrafico-Elettrica di Cagliari” (1856). Non è un caso: negli stessi anni in cui l’illustre naturalista mappava in lungo e in largo la seconda più grande isola del Mediterraneo, il capostipite della più antica casa di spedizioni italiana era impegnato a inviare 100 cappelli di feltro a Boston.

Costanza e Antonio Musso, amministratori delegati Gruppo Grendi

Cadeva l’anno di grazia 1828 e mentre Marco Antonio Grendi gettava le fondamenta dell’attuale società di trasporti e logistica integrata, La Marmora perveniva a un conclusione di cui solo oggi apprezziamo appieno la lungimiranza: nello studiare i fondali marini sardi, le cui caratteristiche si sarebbero rivelate preziose per permettere agli ingegneri Luigi Negrelli e Pietro Paleocapa la progettazione del Canale di Suez, l’isola si confermava scalo strategico ideale per la gestione dei traffici commerciali nel Mediterraneo Occidentale: con la scelta di Cagliari come terminal portuale roro (80mila mq) e lolo (145mila mq) per distribuire le merci di Msc nella regione, nonché di Maersk verso Tunisia, Algeria e Malta, in aggiunta al terminal di Olbia (10mila mq) e all’homeport di Marina di Carrara (45mila mq), Gruppo Grendi è ora pronto a rimettere in discussione il ruolo dell’Italia nella logistica internazionale. L’acquisizione nel 2024 della M/S Wedellsborg, con cui la società torna a rivestire anche il ruolo di armatore diretto con una flotta complessiva di 4 navi, unitamente a un piano di investimento triennale di 23,5 milioni di euro, ne sono prova ulteriore. 

Eccellenza italiana nel Mediterraneo

I numeri parlano chiaro: chiuso lo scorso anno con un fatturato di 98 milioni di euro e oltre 89mila Teu trasportati dal servizio di linea domestico, pari a 3,1 milioni di tonnellate di merci, il Gruppo Grendi supererà nel 2024 i 120 milioni di euro di fatturato, con una forte crescita anche a livello di personale: da 160 a oltre 200 unità in servizio (con oltre il 21% di donne, di cui il 41% in posizioni apicali). “Il progetto integrato Arezzo-Sardegna mette ben in evidenza la forza di un sistema che usiamo solo noi nel Mediterraneo – spiega Costanza Musso, amministratrice delegata Gruppo Grendi insieme al fratello Antonio – benché nel Nord Europa sia già conosciuto e diffuso. Grazie a un design brevettato nel 1994, le nostre unità di carico ottimizzano la movimentazione dei prodotti su Euro pallets, arrivando a trasportarne ben 36 su un solo camion: il 9% in più rispetto alla consueta capacità di trasporto”.

“Questo sistema permette il posizionamento dei container in doppia altezza sulle cassette nei piazzali dei terminal, quindi il loro trasferimento a bordo della nave utilizzando un rimorchio dedicato, detto translifter, grazie al quale viene ottimizzato lo spazio occupato nella nave, oltre che il tempo delle operazioni di carico e scarico, con un netto abbattimento dei consumi. Rispetto alle procedure di carico a secco, che nel migliore dei casi arrivano a movimentare 30 container all’ora, la nostra produttività è superiore di quattro volte. Se fossimo supportati da una rete ferroviaria adeguata e da terminal marittimi efficienti quanto quello di Marina di Carrara, potremmo intercettare la gran parte dei trasporti oggi gestiti dai grandi scali nordici come Rotterdam o Anversa. Basti pensare che nell’ultimo miglio che realizziamo per Maersk da Cagliari al Nord Africa abbiamo abbassato il commuting time da un mese a una settimana”. 

La svolta b-corp

I benefici di un’integrazione sempre maggiore fra nave e treno hanno in realtà iniziato a palesarsi sul finire del 2022, quando i tradizionali equilibri di mercato sono stati destabilizzati dalla vigorosa ripartenza economica post-Covid e dal quasi concomitante inizio dell’operazione speciale russa in Ucraina. Uno dei casi più emblematici ha interessato l’approvvigionamento dei produttori di piastrelle dell’area di Sassuolo, riforniti di sabbia e argilla principalmente da Kiev, oltre che dalla Sardegna. Interrottosi bruscamente il flusso da est, il traffico sulla rotta domestica via mare ha registrato un picco talmente alto da mettere in crisi il sistema di trasporti usuale. Il Gruppo Grendi è stato quindi coinvolto per industrializzare al massimo le movimentazioni del comparto, arrivando ad attivare una collaborazione strategica con Medlog, Minerali Industriali e Svimisa.

“In sostanza abbiamo iniziato ad andare a prendere in cava i materiali per le aziende di Sassuolo – chiarisce Musso – utilizzando però mezzi di grande capienza, le nostre vasche Menci, le quali venivano poi scaricate nei terminal portuali sardi, affinché la merce potesse essere trasferita nei container e spedita a Marina di Carrara. Grazie all’arrivo diretto della ferrovia nel terminal toscano, i contanier potevano essere spediti velocemente sino allo scalo di Marzaglia in Emilia-Romagna, da cui era poi prevista la partenza di camion ribaltabili per l’ultimo miglio. L’operazione si è rivelata un grande successo, avendo tolto dalla strada ben 110 camion alla settimana e permettendo di ottemperare al meglio alle nuove finalità dello statuto datosi dal Gruppo Grendi nel 2021: anno in cui ci siamo trasformati in società benefit mediante certificazione B-Corp. Oggi puntiamo a realizzare azioni restituitive rispetto al nostro business, a partire dal perseguimento della felicità delle persone coinvolte dall’attività aziendale, per arrivare a un maggior dialogo coi territori, nonché alla tutela ambientale, di cui l’implementazione delle soluzioni intermodali è appunto uno dei mezzi più efficaci”.

Il potenziale logistico del Nord-Ovest

Solo nel 2023, il trasporto via treno operato dal Gruppo Grendi si è avvalso di ben 4mila carri per 160 viaggi round trip, con una movimentazione di 9.500 Teu, pari a 170mila tonnellate di merci. Un risultato straordinario, ma soggetto a condizioni particolari: la sua convenienza risulta effettiva se i regimi di traffico riescono a mantenersi su alti livelli, in particolare in un Paese, come l’Italia, dove il sistema infrastrutturale presenta grandi lacune. “I nostri treni sono costretti a portare meno di quanto potrebbero e se si verifica un qualsiasi tipo di incidente sulla linea, il servizio finisce per andare incontro a un blocco totale. Il caso di Parma è fra l’altro doppiamente sfortunato, perché accaduto proprio in un periodo di altissima domanda.

Basti pensare che il carico di un solo treno riesce a sostituire il trasporto di 20 o 30 camion. Il progetto di trasporto integrato con Mercitalia Logistics e Baraclit, in ogni caso, ha confermato la bontà di quest’approccio e, soprattutto, la necessità di adeguare quanto prima l’intero sistema infrastrutturale italiano per guadagnare competitività non solo in Italia, ma in tutt’Europa. L’area ovest dell’Italia potrebbe infatti essere coinvolta in questo modello di trasporto intermodale, visto che i territori di Vinadio e Fossano in Piemonte sono uno dei bacini di rifornimento di acqua, mangimi e gesso più importanti a livello nazionale, ma il primo terminal ferroviario disponibile si trova solo a Orbassano, vicino a Torino. Occorrerebbe dunque utilizzare mezzi su gomma per il raccordo, ma se le distanze da percorrere superano i 50 chilometri, l’operazione intermodale non ha più senso né convenienza”.

Una possibile soluzione potrebbe però giungere dal Giappone, dove il Ministero del Territorio ha proposto la costruzione di un’autostrada automatizzata a nastro trasportatore fra Tokyo e Osaka (Autoflow-Road), sopra la quale posizionare i container destinati alle consegne e oggi difficilmente trasportabili anche a causa della scarsità di autisti. Un’idea che potrebbe agevolare lo sviluppo intermodale pure in Italia, qualora esistessero forme di premialità per le aziende virtuose o di supporto da parte delle autorità portuali. 

Ridare ali al progetto bruco

“Uno dei progetti che proponiamo di lanciare sin dal 2007 riguarda il porto di Genova – aggiunge Musso – l’unico in Italia che accede a un’area economica da oltre 7 milioni di Teu all’anno e i cui fondali sono fantastici rispetto ai porti del nord, facilmente ostruiti dai detriti fluviali, ma penalizzati dalla scarsa disponibilità di spazi d’espansione nell’entroterra. Nonostante la minor predisposizione marittima, Rotterdam, Anversa e Amburgo riescono oggi ad accogliere navi da 20mila Teu perché hanno potuto costruire magazzini senza limiti fisici, automatizzandoli completamente. Il raffronto con Genova è però impietoso: se la città della Laterna può contare sulla disponibilità di 200 ettari di superficie espansiva, a nord ne vantano sino a 10mila”.

“Nei 200 di Genova, oltretutto, operano non solo cargo, ma anche traghetti e compagnie crocieristiche. Nell’area di Pra’ potrebbe essere creato uno spazio alternativo, ma ancora una volta le dimensioni fisiche del territorio non permetterebbero l’ingresso delle grandi navi da 20mila Teu (le quali necessitano di movimentare 8mila Teu al giorno, a fronte degli appena 2mila garantiti da Genova). Per ovviare a questo handicap, abbiamo lanciato il progetto Bruco (Bi-level Rail Underpass for Container Operations): prevederebbe la creazione di un nastro trasportatore lungo l’intero terminal, sul quale posizionare i container delle grandi navi via gru, destinandoli a Basaluzzo (AL) attraverso un tunnel protetto di ben 38 chilometri. Lì le merci avrebbero tutto lo spazio necessario per essere stoccate e avviate anche lungo la rete autostradale. Un progetto avveniristico, capace di restituire piena centralità alla logistica del Mediterraneo legata al traffico via Suez, ma impossibile per una politica nazionale che non di rado manca di una visione strategica di lungo termine”.

Persino la sostenibilità economica giocherebbe a favore del progetto Bruco, visto che il costo a regime dei container da Genova a Basaluzzo si aggirerebbe sui 50 euro a tratta, contro i circa 150 odierni. L’Italia potrebbe dunque ottenere enormi vantaggi competitivi, qualora una maggior efficienza infrastrutturale riuscisse a mantenere bassi i costi della logistica, ma al tempo stesso garantisse agli operatori del comparto un controllo diretto sui terminal marittimi. Senza questa possibilità, infatti, la logistica perde capacità di risposta ad eventuali mutamenti di mercato, riversando le inefficienze di un nodo su tutta la catena. Chissà se le orecchie del Ministero dei Trasporti fischiano oggi quanto i treni bloccati sui binari.    

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