Marraffa, ANITA: ecco come viaggiano sicuri i nostri carichi fuori misura

Sono pochi su strada, ma certamente non passano inosservati. Sono i trasporti eccezionali, diversi per peso e dimensioni, che movimentano pezzi che quasi sempre sono l’orgoglio della produzione italiana. Spesso esportati in altri Paesi, oltre che trasportati all’interno del territorio italiano, da un pugno di aziende altamente specializzate e pronte a missioni a volte quasi impossibili. Esploriamo i temi di questo settore conversando con Giovanni Marraffa, presidente della relativa sezione di specializzazione di ANITA.

Giovanni Marraffa, quando un trasporto si può definire eccezionale? 

Un trasporto si definisce eccezionale quando è fuori misura. Ci sono due articoli del Codice della Strada, il 61 e il 62, che definiscono le sagome massime di transito per i veicoli a due, tre, quattro, cinque e più assi. Tutto quello che va oltre viene definito trasporto eccezionale, per sagoma, dimensioni o peso. E per un trasporto eccezionale ci vogliono permessi di transito per ogni metro da percorrere. 

Chi in Italia effettua trasporti eccezionali si specializza unicamente in questo settore o fa anche trasporti “normali”? 

La maggior parte delle aziende che si occupa di trasporti eccezionali svolge anche altre tipologie di trasporto. Per la Marraffa ad esempio il core business sono i trasporti eccezionali, ma ci occupiamo anche di grandi sollevamenti e movimentazioni, perché spesso i colli fuori misura che trasportiamo vanno anche caricati o scaricati. In Italia ci sono un migliaio di aziende specializzate e di queste è solo un 10 per cento ad occuparsi esclusivamente di trasporto eccezionale.

Chi trasporta pezzi fuori misura o fuori peso ha bisogno di allestimenti particolari. Anche gli autisti devono essere specializzati?

Non è richiesta una vera e propria abilitazione dell’autista al trasporto eccezionale, però serve sicuramente un po’ più di coraggio perché si affrontano sfide complesse, guidando convogli molto larghi o molto lunghi. Ci vuole polso ed esperienza, che si fa sul campo. 

E i trattori, invece, hanno caratteristiche particolari? 

Per semplificare diciamo che si dividono in due categorie. Per i trasporti eccezionali che per peso rispettano l’articolo 62 del Codice della Strada usiamo mezzi tradizionali allestiti secondo il tipo di trasporto. Possono essere ribassati oppure allungabili, però rispettano comunque le 44 tonnellate di peso massimo e sono trainati da trattori standard. Ci sono poi i trasporti eccezionali pesanti, oltre le 44 tonnellate, e allora sale il numero di cavalli del motore, la forza di traino del trattore e spesso si hanno anche più assi. Noi ad esempio in flotta abbiamo sia tre assi sia quattro assi 8×4 e 8×6. E per trasporti particolarmente complessi questi trattori possono essere usati in coppia o in traino triplo, con due o tre camion che trainano. Oppure c’è il famoso “tira e spingi”, con due camion avanti che trainano e uno dietro che spinge, o viceversa

E poi ci sono gli allestimenti speciali…

Certo. Per prima cosa più cresce il peso da trasportare più alto è il numero degli assi da mettere sotto il carico, per rispettare i limiti di peso per asse permessi su strade, ponti e viadotti. Solitamente si può circolare con 12 tonnellate e, in alcuni casi, 16 tonnellate per asse. Se, per esempio trasportiamo un pezzo che pesa 300 tonnellate, e a noi è successo, arriviamo a mettere sotto al convoglio anche 40-50 assi. Calcolando che ogni asse ha otto pneumatici, un convoglio a 40 assi si muove su 320 pneumatici.

Torniamo alle aziende specializzate in trasporti eccezionali. Sono poche, ma possono essere anche piccole, anche padroncini? 

Secondo me le aziende davvero specializzate sono meno di cento. E se pensiamo ai trasporti molto pesanti sono probabilmente una quindicina. Per quanto riguarda le dimensioni, questo non è un tipo di trasporto che si può organizzare e sostenere senza una struttura articolata. Alla Marraffa, tra le due o tre aziende in Italia che possono trasportare anche pezzi da oltre 200 tonnellate, abbiamo una squadra, anche a livello di impiegati e di ufficio tecnico, davvero molto importante: quasi 40 tra impiegati e ufficio tecnico e sicurezza per 60 autisti. Il rapporto è straordinario rispetto a un’azienda classica di trasporto, dove possono bastare anche solo due o tre impiegati per 40-50 autisti. 

Quindi, dato che tutte le aziende sono strutturate e che ANITA è un’associazione di aziende strutturate, chi si occupa di trasporti eccezionali è sicuramente un associato ANITA? 

No, sicuramente non tutte le aziende sono in ANITA, ce ne sono però parecchie e di un certo spessore, e come sezione stiamo crescendo, con l’obiettivo di continuare a farlo per aiutare il settore. Stiamo impegnandoci molto, soprattutto nei rapporti con il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e il ministero dell’Interno con diverse proposte per snellire le procedure. Siamo purtroppo vittime di estrema burocrazia e di forti rallentamenti dell’iter autorizzativo. Abbiamo poi gli stessi problemi di tutti gli altri camionisti. Ad esempio pochi parcheggi e aree di sosta. Per noi è un tema ancora più importante perché spesso non possiamo neanche entrare nelle stazioni di servizio: i nostri autisti subiscono, amplificati, tutti i problemi della rete infrastrutturale. 

Gli autisti che si occupano di trasporti eccezionali devono rispettare il regolamento 561 sui tempi di guida e di riposo? 

In realtà abbiamo delle finestre di transito così ridotte che per fare un trasporto eccezionale, soprattutto quelli larghi e quelli pesanti, a volte si rischia di avere a disposizione appena quattro o cinque ore di guida al giorno. Quindi nessun problema a rispettare la 561. Abbiamo invece il problema contrario, spesso dobbiamo per forza tenere gli autisti su strada per giornate intere. Capita che un tratto si possa percorrere soltanto di notte e il successivo solo di giorno. A volte per fare 100 chilometri serve un’intera giornata. 

Complicato anche farlo partire, un trasporto eccezionale…

Prima di metterci su strada dobbiamo aver ricevuto le autorizzazioni da parte di tutti gli Enti preposti ai vari tratti di strada che percorreremo, di tutti i Comuni che attraverseremo, ottenere, quando necessario, la scorta. A volte capita che per nebbia, o per un incidente stradale o semplicemente perché c’è traffico non ci facciano partire e perdiamo fino a un giorno intero di viaggio. Le difficoltà nella gestione organizzativa del trasporto eccezionale sono veramente tantissime. L’autista torna a casa quando ha finito la missione, che può durare parecchi giorni. Per contro è un lavoro che, come tutti i lavori specializzati, dà molte più soddisfazioni sia a livello economico sia professionale.

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La nicchia del trasporto eccezionale serve imprese di grande rilevanza, che producono alto valore e tecnologia.

Sì, assolutamente. ANITA e Confindustria hanno realizzato uno studio su questo tipo di settore. La grande manifattura italiana produce grandi colli e li spedisce grazie al trasporto eccezionale. Un’industria che impiega circa 100 mila addetti e sviluppa miliardi di euro di volume d’affari. Se chi trasporta è una piccola nicchia, a realizzare prodotti eccezionali per pesi e dimensioni sono grandi player. Aziende che spediscono tantissimo all’estero. Un export di grande tecnologia, imbarcazioni, trasformatori, silos, colonne e caldaie destinate all’oil and gas, reattori e turbine per il settore power and energy… 

Noi quindi esportiamo e trasportiamo molti eccezionali all’estero. Esiste anche il flusso contrario?

Sì, ma è sicuramente meno importante. Facciamo molti più trasporti verso i porti che non dai porti.

La particolarità e la complessità dei trasporti che effettuate mi fa pensare che voi non soffriate di concorrenza sleale, di piccole imprese che si arrangiano o di imprese straniere che si avvantaggiano del più basso costo del lavoro.

Non è proprio così, perché c’è sempre chi si avventura. Ma è anche vero che il settore è diventato molto complicato dal punto di vista autorizzativo, e queste difficoltà hanno fatto un po’ di pulizia. Chi si era improvvisato, chi era alle prime armi, chi non ha saputo adeguarsi a questa complicazione nell’iter dei permessi ha dovuto cambiare settore e lasciare alle aziende competenti.

Le difficoltà burocratiche vi hanno aiutato facendo selezione nel settore. Penso però che sia un vostro desiderio di poter godere di uno snellimento burocratico, di una velocizzazione delle pratiche. Sbaglio? 

No, non sbaglia. Il problema è soprattutto la grande committenza estera che a noi italiani chiede velocità e tempi certi. Difficile spiegare loro che da noi per avere le autorizzazioni, soprattutto per colli molto pesanti, possono volerci anche quattro-sei mesi. Così perdiamo lavoro a favore della concorrenza straniera, di aziende di Paesi come l’India o la Turchia, dove gli iter autorizzativi sono molto più snelli. Un esempio per tutti: oltre alla richiesta di autorizzazione gli enti richiedono al trasportatore che verifichi da sé la portanza dei ponti. Spesso ci ritroviamo a dover studiare decine e decine di viadotti e di ponti. E ci sono vari livelli di controllo. Dal primo livello, che significa andare a verificare soltanto visivamente che non ci siano crepe o danneggiamenti recenti, fino al quarto livello, che richiede carotaggi o prove fisiche di resistenza del ponte. Tutte operazioni che, chiaramente, hanno costi molto elevati.

Sarebbe bello avere tutti i dati sui ponti, tutti i numeri da chiamare per le autorizzazioni, tutte le informazioni che per voi sono necessarie, online, su un solo sito a voi dedicato… 

Sarebbe molto utile, ma al momento si va alla caccia della singola informazione, una per una. Spesso ci troviamo a parlare con piccoli Enti, o piccoli Comuni che non sono organizzati; spesso dobbiamo spiegare noi come va trattata una richiesta di trasporti eccezionali. Ma ci sono difficoltà anche nel rapporto con Anas o Autostrade. Tutti siamo in attesa di un famoso decreto che si chiamerà “Linee guida sui trasporti eccezionali”. Fino a quando non verrà pubblicato, ci si dovrà affidare a diverse circolari che purtroppo hanno interpretazioni diverse da Ente a Ente. 

Chi deve pubblicare queste linee guida e che tempi prevedete? 

Lo deve pubblicare il ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Ci aspettiamo che venga fatto entro il 2025 perché è stato già prorogato più volte. La prima bozza delle linee guida impone a tutti gli enti proprietari delle strade, dal piccolo Comune alla provincia ad Anas e Autostrade, di verificare e classificare tutti i ponti esistenti lungo le proprie reti. Una cosa che ci agevolerà molto perché si saprà già dove si può passare e dove no. Con ANITA, in collaborazione con Confindustria, abbiamo presentato diverse richieste, una su tutte, che mette in comune accordo tutte le associazioni di categoria, è l’individuazione di alcuni corridoi che colleghino le aree industriali più produttive verso i porti più vicini per ottenere le autorizzazioni con più semplicità

Nell’Unione Europea c’è qualche Paese che noi possiamo prendere ad esempio per una burocrazia più efficiente? 

Possiamo prendere spunto da diversi Paesi. Per esempio in Germania ci sono già delle cartografie che si possono visualizzare su AutoCAD, precise quasi al millimetro, dove è facile fare delle simulazioni di transito. In Francia c’è un iter autorizzativo molto più semplice con permessi periodici. In Spagna hanno la mappatura di tutte le altezze dei ponti, mentre in Italia se abbiamo un trasporto un po’ più alto della sagoma limite dobbiamo andare noi stessi a misurare i ponti lungo la rotta. Ci sono le best practices proposte da ANITA, c’è una certa apertura, c’è un tavolo tecnico molto attivo. Io sono molto fiducioso.

Le nuove tecnologie, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale possono facilitare il vostro lavoro?

Qualche azienda esperta nella realizzazione di questi strumenti innovativi sta timidamente affacciandosi nel nostro settore, che però non fa gola come altri, perché è molto settoriale e piccolo. Penso che dovremmo aspettare ancora.

Marraffa: quasi 50 anni di storia per lo specialista pugliese

“La nostra è un’azienda ancora familiare” – spiega Giovanni Marraffa. “Alla direzione ci siamo io, mio fratello Pasquale e mio padre Michele, l’amministratore, che ha fondato l’azienda nel 1977 iniziando con un camioncino, un Fiat 662, e trasportando frutta e vino. In seguito comprando un camion con una gru è entrato nel settore dell’edilizia, e all’inizio degli anni ‘90 sono partiti i primi trasporti eccezionali. Oggi abbiamo più di 100 collaboratori in tre sedi: due in Puglia, a Martina Franca, sede storica dell’azienda, e a Taranto, sede principale, e una in Veneto, a Dolo, tra Padova e Venezia. Abbiamo anche un ufficio a Fidenza in provincia di Parma. Siamo arrivati a trasportare su strada colli da 400 tonnellate e a movimentare delle gru da 2.000 tonnellate. Siamo un’azienda che ormai è quasi un punto di riferimento per molti clienti italiani anche di una certa importanza, continuiamo a crescere e siamo molto soddisfatti nel lavoro che stiamo facendo”. 

Giovanni Marraffa: la bio

“Sono un neo quarantenne, ho famiglia, una moglie e due figli, un bambino di tre anni che ha preso con orgoglio il nome del nonno Michele e una bambina di sei anni”. Giovanni Marraffa parte raccontandoci della sua famiglia e poi passa ai suoi studi. “Ho studiato lontano da casa, prima alla facoltà di Economia dell’Università di Trieste, poi la specialistica in risorse umane all’Università di Modena. La mia prima esperienza lavorativa a Bologna perché avevo voglia di crescere fuori dall’azienda. Ma pur essendo lontano da Casa negli anni di università e del primo impiego ho sempre lavorato nell’azienda di famiglia durante l’estate e viaggiando con i camion, ho tutte le patenti. Poi, a 28 anni sono entrato in pianta stabile nell’azienda di famiglia, nella quale da circa 13 anni lavoro attivamente”. Da meno di un anno Giovanni Marraffa è presidente della sezione di specializzazione dell’Anita dedicata ai trasporti eccezionali. “Sono ormai più di quattro anni che faccio parte di questa sezione, ho fatto un po’ di esperienza e poi volentieri mi sono candidato come presidente riscuotendo il pieno supporto di tutta l’associazione. Organizziamo riunioni ogni due mesi, condividendo esperienze e cercando di risolvere problemi comuni. Di fare squadra”. 

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