La costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina ha subito un nuovo rallentamento: la Corte dei Conti ha infatti rifiutato il visto di legittimità alla delibera Cipess di agosto 2025, che approvava il progetto definitivo. Sebbene non si tratti di una cancellazione dell’opera, la decisione apre una fase di incertezza. I giudici contabili hanno riscontrato criticità su diversi fronti: dalle coperture finanziarie alla conformità alle normative ambientali e sismiche, fino al superamento del 50% dei costi rispetto al progetto iniziale — soglia oltre la quale il diritto europeo impone una nuova gara pubblica. La delibera è stata inoltre ritenuta in contrasto con la normativa comunitaria a causa del contratto già siglato con il consorzio Eurolink, guidato da Webuild. Altro elemento sotto esame è l’attribuzione di competenza al Cipess, considerato un organo politico e dunque potenzialmente non idoneo a gestire un atto di tale portata. Le motivazioni ufficiali saranno rese note entro trenta giorni, e da queste dipenderanno le eventuali modifiche da parte del governo.
Le opzioni dell’esecutivo: risposte politiche e tempi in bilico
La bocciatura della delibera non implica la fine del progetto. Secondo la normativa vigente, il governo può scegliere di superare il parere della Corte dei Conti con un nuovo voto del Consiglio dei Ministri, motivando l’opera con un interesse pubblico superiore. Questa mossa — già in fase di valutazione — permetterebbe di dare continuità all’iter, pur esponendo l’esecutivo a una responsabilità politica. In alternativa, l’esecutivo potrebbe decidere di riformulare la delibera per rispondere puntualmente ai rilievi dei magistrati. Ogni ritardo, tuttavia, avrà un impatto diretto sul calendario dei lavori: l’avvio dei cantieri previsto per novembre rischia ora di slittare, con effetti sull’intero cronoprogramma e sulle assunzioni già programmate per tecnici e operai. La Società Stretto di Messina, concessionaria dell’opera, aveva già ricevuto migliaia di candidature per le fasi iniziali, ora sospese in attesa di sviluppi concreti.
Un progetto in bilico tra norme europee, ambiente e interessi nazionali
Al centro della decisione della Corte vi è anche la compatibilità del progetto con il diritto europeo. I magistrati hanno sollevato dubbi sulla procedura adottata per l’affidamento dei lavori, vista l’assenza di una nuova gara pubblica nonostante l’aumento consistente dei costi. Le preoccupazioni ambientali restano centrali: secondo quanto riportato, il progetto avrebbe dovuto ottenere un parere favorevole attraverso la procedura “Iropi” (motivi imperativi di interesse pubblico), ma l’iter è stato aggirato definendo l’infrastruttura come “opera militare”, suscitando ulteriori perplessità. Anche l’esclusione dell’Autorità dei trasporti e del Consiglio superiore dei lavori pubblici dal processo decisionale ha pesato nella valutazione finale. In questo scenario, il governo è chiamato a scegliere se procedere con fermezza o rivedere il piano. La realizzazione del ponte resta un obiettivo strategico, ma si scontra oggi con una rete complessa di vincoli normativi, equilibri istituzionali e implicazioni ambientali che ne rendono la fattibilità tutt’altro che scontata.

 
             
             
     
         
											 
         
        

 
                